Ma bisogna guardare alle cose con il giusto spirito e con quel pizzico di sano fatalismo lasciatomi dalla cerimonia ayahuascuera di un paio di settimane fa, di cui parlerò a tempo debito. Diciamo, che tutto quello che è successo sarà successo per un motivo. E guardiamo avanti. Non per questo non merita descrivere un pò il mio ultimo indimenticabile giorno tarapotino.
Svegliatici in condizioni pietose a un'ora impossibile per andare a prendere il bus, arriviamo alla stazione e ci informano, come già sospettavamo, che la partenza è rimandata alle ore 13 cause sollevazione popolare a Moyobamba, ma la faccia a trota dell'impiegata dello sportello non promette niente di buono. Appresa la triste notizia, Nicola decide di tornare in albergo a rivendicare la stanza 51 (o area 51, a causa delle attività radioattive di origine intestinale dei giorni precedenti), nostra fino appunto alle ore 13, e di passare lì, in quell'angusta stanzetta le sue ultime ore nel distretto di San Martin. Io, invece, animato dal mio eccezionale fatalismo, leggo il ritardo come un segno del destino e mi avvio fiducioso, ottimista e anche un pò coglione verso il distretto di polizia di Morales. Giunto a destinazione, chiedo del mitico Teniente Uribe il quale, giustamente, non c'è. Con incredibile velocità (dopotutto è di fronte a una celebrità...) lo sbirro che mi riceve tira fuori dalla tasca una forma primitiva di cellulare e dopo un breve contatto audio col Teniente mi informa che sarà lui, un ciccione zoppicante sulla 40ina, ad accompagnarmi a San Antonio de Cumbaza per l'ultimo spietato raid. A completare il trio, e a trasformare l'adesso coppia di sbirri in una parodia sudamericana di Stanlio&Olio, si unisce un giovane poliziotto anoressico, che per essere l'ultimo della catena alimentare (forse per questo è così magro) deve sottostare agli ordini perentori del ciccione. Naturalmente la trasferta sarà a mie spese. Io rido. E' più forte di me.
Arrivati in paese ormai saluto tutti come se fossi a casa mia. Visitiamo la casa del ladrone, dico a sua moglie che il marito è un demente bastardo (parole testuali), e la moglie annuisce concorde. Scuoto la testa e penso ai due figli del disgraziato. Andiamo a trovare la gobernadora che ci informa che non ci sono novità, e dopo facciamo un salto a parlare con una tipa che il giorno prima, alla televisione, aveva detto aver visto il Jorge vendere qualcosa della refurtiva. Nega, la stronza. Io la guardo con espressione di perdita improvvisa di pazienza e ce ne andiamo. Nel frattempo l'anoressico si è comprato delle specie di baccelli dolci e sgranocchia felice quello che probabilmente sarà il suo pasto giornaliero, offrendomene un pò. In effetti sono buoni.
Ormai chiara la prospettiva di sconfitta, decidiamo di tornare a Tarapoto, lo sbirro mi fa 1000 promesse in un certo senso sincere e montiamo sull'auto. Scesi al distretto prendo un mototaxi e la prima cosa che mi chiede il tassita è se avevo recuperato lo zaino...mi aveva visto in TV. Eccezionale, continuo a ridere.
Finalmente ho rinunciato allo zaino e mi sento più leggero. Finalmente ci aspettano le 24-28 ore di autobus di lusso, vizio giustamente concessoci dopo le peripezie dei giorni precedenti. Arrivati alla stazione saliamo sul bus, ci accomodiamo, stiamo per partire...ma no!!!!! La strada è bloccata, i manifestanti non mollano, e probabilmente hanno ragione loro, cazzo!!! Dopo aver analizzato le possibile alternative (passare da sud ed essere rapinati-rapiti-scippati) decidiamo intraprendere il viaggio attraverso la rotta abituale ma a colpi di piccoli spostamenti. Iniziamo con un auto da Tarapoto a Moyobamba, di un 30enne amante della musica tamarra, con un auto tamarra e il bagagliaglio ridotto alla capienza di una trousse a causa della presenza di un subvoofer stellare. Arrivati a Moyobamba dopo 2 ore di rally per una strada accidentata, prendiamo un mototaxi fino a dove possibile e dopo a piedi fino al picchetto.
Moti insurrezionali Moyobambini
Lì veniamo ricevuti trionfalmente dai manifestanti, un centinatio, assiepati sotto un tendone bucherellato. Ci dicono che dobbiamo stare lì almeno mezz'ora, 20 minuti, poi 10. Alla fine ce ne andiamo dopo 2 minuti augurandogli la vittoria col pugno alzato. Gli sbirri ci guardano male e promettono di prenderli a bastonate (davvero). Da lì saliamo su una jeep di un generoso e poi un'altra buon anima ci da un passaggio fino al terminal. Qui comincia un'altra partita a scacchi con la geografia nord-peruana. Dopo 2 secondi e una rapida quanto parziale analisi costi-benefici compriamo un biglietto per Jaen, ma pentitici subito lo cambiamo per uno fino a Pedro Ruiz, e la commessa borbotta. Dopo altri 5 minuti troviamo un altro biglietto per Nueva Cajamarca e da lì a Chiclayo, per la modica cifra di 35 soles, un affarone. Vado dalla commessa e gli chiedo indietro i soldi. Sbuffa, scuote il capo, accena che non ha spiccioli per rimborsarmi ma fa l'errore di aprire il cassetto e in un secondo adocchio i due pezzi da 20 soles pronti per esserci restituiti. Glielo faccio notare con tono antipatico, lei si arrende all'evidenza e mentre me ne vado, ancora sbofonchia. Ma vaffanculo và, cogliona, penso fra me e me. Finalmente abbiamo la prospettiva di riuscire davvero ad uscire dalla selva e dal buco nero tarapotino. Finalmente raggiungeremo una città vera.
Fine prima puntata.
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