Zannini Nicola, dopo un disperato appello su facebook, in cui mi chiedeva di raccogliere informazioni sulle imbarcazioni in partenza da Iquitos per Cabo Pantoja, al confine Perù-Ecuador, era scomparso dal radar. Non una mail, non un sms. Più di una settimana senza avere notizie da Quito, luogo del suo ritiro dorato a spese della ONU. Ma prima che iniziassi a presagire il peggio ecco l'agognata telefonata che sembrava provenire dall'Apollo 13. La qualità delle comunicaizoni peruane è si abbastanza scadente, ma quella faceva proprio schifo. Dopo un paio di minuti di incomprensibili farneticazioni gli dissi che era meglio se mi chiamava una volta arrivato nel meraviglioso porto di Masusa, a Iquitos (segue eccezionale foto).
Il giorno dopo ecco un altro segno, un altra chiamata, questa volta più comprensibile, che mi annunciava la presenza dello Zannini in città in compagnia di due matti, un canadese e un argentino. L'improbabile trio aveva disceso il Napo con una canoa di 8 metri, comprata da qualche parte in Ecuador. Sei giorni remando e sfidando gli indomabili flutti amazzonici, cucinando a bordo, dormendo nelle comunità indigene, fino all'inglorioso quanto ingiusto furto della canoa medesima, per fortuna nelle vicinanze della città. Ma per approfondimenti riguardo questa impareggiabile avventura lascio il testimone al mio compagno di viaggio, che presto avrà il piacere di narrare le peripezie che lo hanno portato nella capitale della Region Loreto, in mezzo all'Amazzonia peruana, unica città continentale del mondo non raggiungibile via terra. Città unica nel suo genere, dove ho passato sei indimenticabili mesi e dalla quale mi separerò il prossimo lunedì. Lacrima, e a presto.
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