domenica 14 giugno 2009

Sucre, Santa Cruz, Che Guevara e il Paraguay

EVO da quelle parti sta sul culo un pò a tutti, in quanto pericoloso comunista (lo testimonia la simpatica scritta sul muro che non potei fotografare e che recitava "Evo, Santa Cruz sarà la tua tomba"). Un tassita, povero e con un rottame di auto, appena sentito che andavamo a Vallegrande a visitare i luoghi dove finì i suoi giorni Chè Guevara, mi guarda e mi domanda in tono "io lo sapevo": comunisti??. Io mi guardo intorno per vedere se da qualche parte spunta Bruno Vespa o il Dottor Bondi ma niente. Siamo in Bolivia e non ad Arcore. Guardo il tassita e mi chiedo che cosa abbia da perdere un disgraziato come questo con il governo di Evo Morales. E mi rispondo: "niente, perchè questo non ha niente". Ma come sempre succede, i ricchi, gli americani, i padroni della colonia, sono sempre molto efficaci nel contagiare i propri sudditi americani del sud con le loro stesse paure. La povertà anche se non hai niente, la libertà anche se non la puoi godere. Mai una volta che li contagino con la loro ricchezza. Quella no, non si trasmette, è genetica...si eredita. Che Guevara, invece, anche se comunista combattente fedele sostenitore dell'inevitabilità della lotta armata, fa comodo al portafogli e quindi avanti popolo alla riscossa bandiera rossa trionferà, siamo tutti comunisti specie se in tasca hai una Visa, l'importante è pagare il conto all'oste. Rimpiango la Bolivia senza il senso degli affari e con un disinteresse snervante per i turisti. Forse è per questo che i cubani, quando arrivarono qui nel 1997 per riesumare i resti del Ché (ignobilmente gettati in una fossa comune nei pressi dell'aeroporto), decisero di portarselo via. Non gli piacquero gli occhietti avidi del sindaco. La domanda spontanea è: "ma la famiglia?". La risposta è: "boh". Mi fa troppa fatica di domenica mattina fare una ricerca per scoprire perché i resti sono a Cuba da Fidel e non in Argentina dalla famiglia. Certo è che l'Argentina non so se gli avrebbe costruito un mausoleo.
Quindi, dopo una visita lampo nella ridente Sucre, bella bianca e pulita che sembra d'essere in Europa (non in Italia...ho detto in Europa...) e non in Africa (cioè a Roma) come disse con grande acume comunicativo il nostro eccezionale Presidente del Consiglio, siamo andati a Santa Cruz, dove le famigliole vestite di cenci sniffano colla per la strada. Alloggiati in uno splendido alberghetto il cui proprietario ispira una naturale irrefrenabile antipatia abbiamo incontrato un gruppo di sciamannati anglofoni uno più ubriaco dell'altro, tutti mediamente imbecilli, specie uno, l'americano. 19 anni, idiota, in giro per il mondo con la Visa di papà, mi racconta con quei suoi occhietti vuoti da gringo rincoglionito di quando gli hanno puntato una pistola alla testa in una discoteca e spaccato un bicchiere in faccia. Ha ancora un cerotto su una guancia, accanto a un brufolo di acne adolescenziale. Mentre la mia faccia esprime sincero rammarico, penso: te lo meriti, testa di cazzo.
Ma che ci vogliamo fare, per loro è normale una sparatoria ogni tanto, una rissa, un occhio che rotola a terra sanguinante, una coltellata in pancia, una bottiglia in frantumi sull'ennesima testa vuota. Ma non li vedete i film???? Mah. Poi quando gli spieghiamo che in Europa quasi ovunque (anche se non ancora per molto) l'assistenza sanitaria è gratis, il niño stronzo inizia a dimenarsi incredulo. Come fanno ad essere così ignoranti? Il mondo di certa gente finisce in Texas.
Dopo aver passato una notte con i padroni del mondo in vacanza (c'era anche un ragazzino di Liverpool che avrei affogato con le mie mani) siamo andati a Samaipata, oasi in mezzo alle montagne circondata da ville miliardarie, Hummer, piccoli aerei biplano strabordanti cocaina e un numero considerevole di espatriati biondi che hanno aperto un alberghetto del cazzo o un ristorantino di merda (è che oggi c'ho l'acidità di stomaco, colpa del Rum&Cola).

La lavanderia


Da lì ci siamo spostati a Vallegrande, convinti di andare fino in fondo, fino a La Higuera a vedere il luogo dove seppellirono al Chè. Arrivati in paese siamo però stati assaliti dalla decadenza e dalla bruttura del luogo, abbiamo visitato la lavanderia dell'ospedale dove lo esposero mezzo nudo agli occhi del mondo e da dove tentarono invano di distruggere il mito, di umiliarlo, di svergognarlo, creando invece, col martirio, una delle figure cristologiche più rappresentate di tutti i tempi. Chè, uguale rivoluzione. Militare, uguale fascista. Come ci insegna il nostro Papi, quello che siede nei palazzi governativi italiani, i fasci, a volte ma non sempre, di comunicazione non ci capiscono un cazzo mentre sono grandi esperti di Viagra, Cialis, protesi sessuali a pompetta e veline minorenni pronte a tutto. Ma questo non basta a convincere milioni di operai nullatententi italiani a votare qualcun altro.
Una volta deciso che Vallegrande era sufficiente siamo tornati a Santa Cruz e con tempismo perfetto siamo saltati sul primo autobus in partenza per il Paraguay, destinazione Filadelfia. La teoria del "tanto son tutti uguali" ci ha condotto in un autobus super scalcinato ma affidabile, che in meno di una notte e poco più ci ha scaricato nel nulla. Filadelfia se non la vedi non ci credi. Colonia mennonita insediatasi in Paraguay nel 1927, è uno dei centri produttivi più importanti del Paraguay. I mennoniti, fuggiti perchè discriminati da URSS, Canada, Germania ecc. hanno conservato i loro costumi in modo estremista, rifiutando il contatto con la gente indigena e continuando a parlare la loro lingua. Biondi, alti, alcuni giganteschi. Altri, purtroppo, affetti da un impoverimento genetico dovuto alla cattiva abitudine di autorizzare solo matrimoni interni alla comunità. Le donne, come in tutte le società arcaiche e conservatrici, sono costrette a portare il peso della tradizione, e quindi le si vedono vestite in stile contadino degli anni '30. Gli uomini, invece, vestono dei più sobri abiti occidentali. Tutti sembrano usciti da una versione bigotta della Casa della Prateria (non so se hanno fatto una versione porno, ma ne sono quasi sicuro). Come molte sette o minoranze che hanno sofferto segregazione, umiliazioni, razzismo, loro stessi pensano bene di riservare lo stesso trattamento agli indigeni guaranì e non che vivono, anche se non tutti, in uno stato di povertà assoluta.
Dopo una "eccitante" notte a Filadelfia, dove abbiamo conosciuto la couchsurfer olandese Sofia che lavora in una ONG che si occupa di indigeni e vive in quel deserto da ben 8 mesi (è allo stremo) ci siamo incamminati verso Asunciòn. Bisogna preliminarmente dire che il cambio fra Bolivia e Paraguay è dei più estremi. In Paraguay comincia il sudamerica europeo che trova il suo culmine in Argentina e Cile. Mentre la Bolivia è un paese ancora caratterizzato e abitato in maggioranza da nativi, il Paraguay è un paese di bianchi. E la decadenza, la povertà, di un europeo in sudamerica, non trova il conforto della tradizione. Un'anziana boliviana o peruana, per quanto misera, tiene una bellezza negli occhi, nel modo di vestire, nella tradizione che sopravvive. Ad Asunciòn sembra di essere in un paese dell'est ex-comunista. Mi immagino che somigli ad alcune parti dell'Italia una 40ina di anni fa. Certo la maggioranza della popolazione (bianca) parla Guaranì. Ma è una lingua rubata. E non impedisce ai bianchi che parlano Guaranì di detestare o avere comportamenti razzisti con i nativi a cui hanno rubato la terra e anche la lingua.
Asunciòn non mi ha fatto proprio impazzire e infatti l'addio alla città e al Paraguay è vicino. Lo sostituiremo col sempre affascinante Brasile. Forse oggi, forse domani.

Quel che resta

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