martedì 4 agosto 2009

bye-bye Panamá


Dopo Panama City, il canale e la sua storia, dopo gli atolli di San Blas, dopo gli afro-antillani di Bastimento che parlano wari-wari (l'inglese caraibico stile jamaica) e dopo essere tornato, di nuovo, a cazzeggiare sulle bianche spiaggie caraibiche dell'arcipelago di San Blas a caccia di mante, pesci dalla testa enorme e leggendari inesistenti squali tigre domani si parte in direzione Colombia, ed era l'ora. Non che non mi siano piaciute le maniere stile "ma che cazzo vogliono questi qua" con cui la vecchia indigena dell'atollo ti serve da mangiare. In effetti, dal loro punto di vista, siamo proprio dei cazzoni. Non mi immagino che avrá pensato la povera vecchietta delle nudiste spagnole che io ho mancato per solo un giorno. Non che gli manchi il senso degli affari, la domanda é ma che cazzo ci faranno coi soldi? Io credo li usino come una specie di amuleto magico che serve a scacciare il gringo invasore e a mantenerlo sotto il loro controllo. Senza soldi si sentirebbero in balia dell'uomo bianco e anche di quello nero, perché i Kuna non sono né bianchi né neri e non sono neanche panameñi, sono semplicemente Kuna, e il fatto che li lascino tranquillamente stare seduti sulla miniera d'oro rappresentata dal loro arcipelago é indubbiamente una bella notizia. Pensate che nessuno che non sia Kuna puó comprare un isola. Che l'unica maniera per accedere é sposando uníndigena (simpatiche son simpatiche...peró sarebbe dura...). Che un atollo puó costare 5000 $ o meno. In questo modo le isole (ma non tutte) si mantegono in uno stato di adorabile arretratezza. Niente luce, niente acqua dolce a parte quella di un pozzo che se un geologo mi spiega come fa a esserci acqua dolce in mezzo a un atollo lo ringrazio tanto, naturalmente niente telefono o internet. Insomma, niente di tutto ció che rende la vita dell'uomo occidentale un pó piú sopportabile. Certo é che non c'é neanche lavoro, nel senso che il lavoro consiste nello stare sdraiati su un'amaca aspettando che passi la barca grande a raccogliere i cocchi. O che arrivi il turista, e quindi bisognerá preparargli alla bell'e meglio 3 pasti al giorno sperando che non rompa troppo i coglioni. O andare a pescare. Tessere un paio di molas. Dormire. Che vita. Io mi sono limitato a fare come loro, inprovvisando un paio di docce con l'acqua del pozzo, vagando per l'isola sperando di incontrare Kate o Jack, circumnavigando 3 isole con un materasso gonfiabile insieme a 3 uruguagi surfisti cazzoni a nuoto, facendo uno splendido faló da perfetto boy-scout in cui una signora di cui non riveleró l'identitá recuperava alcuni anni persi della sua vita bevendo contreau e fumando marijuana davanti ai figli e al marito attoniti ma che alla fine mica gliene fregava niente. Fino al triste ritorno nella metropoli. A fotografare i bambini del centro fare skate in quel che resta del "Club de la Unión", una specie di sede Rotary dove Noriega faceva il ganzo e che gli americani pensarono bene di radere al suolo con l'invasione dell'89. Della serie, "qui si fa come diciamo NOI". Stranamente, visto lo skyline stile Miami che lo circonda sembra impossibile che non sia ancora stato oggetto di nessuna speculazione edilizia. Ma sono sicuro che non tarderanno a sbattere fuori tutti a calci, dai bambini skater ai disgraziati che ancora vivono nelle pericolanti case di legno del centro, per ristrutturare e vendere a decrepiti pedofili americani in pensione ai Caraibi e completare la ormai avanzata mcdonaldizazione del paese. A cui sono certo contribuirá il nuovo presidente Ricardo Martinelli, un liberale populista di origine italiana educato negli states che ha composto un gabinetto di tecnici miliardari con diplomi made in USA. Dicendo al popolo che la gente ricca é onesta perché non ha bisogno di corruzione. Come lo sappiamo bene, noi italiani...

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